Parliamo di Emozioni della Mente

L'autrice è una appassionata di psicologia clinica e di buon senso.....ricerca l'intelligenza come stile di vita.

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mercoledì 20 settembre 2017

Care …
Mie care compagne di viaggio, oggi voglio parlarvi della RINUNCIA.
La RINUNCIA è una trappola psicologica...proprio così!


Quando cominci a rinunciare alle cose,  finisci in un gioco psicologico più grande di te.
Una “TRAPPOLA” della mente da cui è complesso uscire.

Il problema non è dato da ciò a cui stai rinunciando, ma dal circolo vizioso che la rinuncia ha la capacità di attuare nella tua mente.

Rinunciare a mettere quel vestito che ti piace tanto, ma che non piace a lui … adducendo mille motivazioni che “coprono” quella “vera”, comporta il pericolo di ritrovarti ad indossare abiti che non sono i tuoi... in cui non ti ritrovi.

Rinunciare a vedere i tuoi amici, perché a lui non fa piacere che tu incontri altra gente quando “lui” non è presente, e ti dici che “forse non ne vale la pena, che è meglio guardare un film in TV”, comporta il pericolo di imparare a stare “isolata” dal resto del mondo.

Sono solo due piccoli esempi delle tantissime “rinunce”, piccole o grandi non importa, che lui ti chiede, facendoti sentire in questo modo, falsamente  “al centro” del suo mondo. E così ti senti importante, desiderata, unica e per questo assolutamente da recintare.

In realtà lui ti sta circuendo e piano piano conducendo nella  sua vorace “trappola”, quella di insegnarti a rinunciare, e tu, da brava allieva innamorata dell’idea dell’amore, stai imparando, mettendo inconsapevolmente in atto il suo scopo malvagio.

In realtà ogni volta che rinunci a qualcosa che facevi “prima” di conoscerlo, stai uccidendo una piccola parte di te che niente e nessuno potrà mai ridarti.

Il pericolo della RINUNCIA è quello di trovarti a guardarti allo specchio e a non riconoscerti più.

A non saper discriminare ciò che vuoi veramente.

A non saper più definire quelli che sono i tuoi veri bisogni, le tue aspirazioni, i tuoi desideri.

Chi sono?...cosa voglio fare nella vita?...voglio realmente questa casa?... questa vita?...

Le domande si infittiscono ma non trovano risposte …

Ti senti “frantumata”, spezzettata nell’anima, e questo ti comporta uno stato di confusione tale che ti lasci andare a quello che viene, senza più preoccuparti se è bene o male … una sorta di penosa “rassegnazione”.

Ti dici : ”questo è il mio destino”…”la mia vita doveva finire così”…”è colpa mia … sono io che non vado bene”…

Queste le risposte atroci e inverosimili che riesci a darti.

Sei nella “spirale” del maligno. Ci sei dentro.

Non puoi fidarti di nessuno, hai paura a parlarne, sei certa che nessuno potrebbe capire.

Guardati allo specchio … dimmi cosa vedi … chi vedi riflessa …

Non sei più quella bambina piccola a cui è sempre stato detto di tacere, non sei più nell’angolo, bimba sgridata, battuta, no, quella bimba non esiste più.
Non sei più la “brava bambina”, col vestitino merlettato a cui è stato detto di non sporcarsi, ubbidiente e gentile con tutti anche con i compagni sgarbati e prepotenti.
No, non c’è più la bimba tutta sorrisi e moine per farsi accettare da mamma e papà, che per non ricevere l’ennesimo rifiuto era disposta a farsi da parte, a soggiacere alla volontà degli altri, senza esprimere quelli che erano i suoi bisogni.

No, non c’è più quella bimbetta spaurita e sola.

C’è una Donna, una Donna adulta che ha il diritto di vivere la sua vita degnamente, di essere amata con gioia, con tutto quello che di buono c’è nell’ Amore.

Una Donna adulta che ha voce per urlare al mondo la sua voglia di vivere, senza catene, senza più silenzi, senza rinunce, senza paura.

Perché la vita esige coraggio.
Questo è il tempo del coraggio, di dire a te stessa che la vita è un bene prezioso e unico per metterlo nelle mani di un altro.
Questo è il tempo di volerti bene, di migliorare il presente per costruire un futuro felice.
Questo è il tempo. 
Il tempo della consapevolezza.
Il tempo della conoscenza di te stessa. 
Il tempo della sapienza. 
Il tuo tempo!

Sappi che quando un uomo, anche se con dolcezza ed in modo affabulatorio ti conduce a rinunciare a qualcosa della tua vita, del tuo modo di essere, del tuo modo di sentire e di interpretarla la vita, stai subendo una violenza, una pericolosa psicologica.

Una violenza sottile che si insinua furtivamente nella tua mente, senza darti la possibilità di rendertene conto, allestita dalla pantomima del sentimento amoroso, un vero e proprio inganno fraudolento.

Sappi che se un uomo ti ama, non pensa di volerti cambiare, ti rispetta, che vuol dire ti vede per come sei, e va bene così, non attua ricatti in nome dell’amore.

Un uomo si innamora di te, non dell’idea che lui ha di come “deve” essere una donna, di come si “deve” comportare, e di come può “modificarla” per “misurare” la sua mascolinità e la sua “potenza”.

Un uomo che costringe, controlla, ricatta, pretende è un uomo che non sa cosa vuol dire amare.
E' un uomo che deve vivere da solo, perché centrato su se stesso, non "vede" né considera niente al di fuori di sé.

Inutile perdere tempo con un uomo simile. 
Se vuoi essere amata cerca l’Amore lontana da lui! 

L’Amore, quello con la “A” maiuscola, non ha bisogno di rinunce, di “sacrifici”, di ostentazioni, di “prove”.

L’Amore vero ti abbraccia nel suo seno, ti coccola e ti “veste” di gioia. 
E quando non è presente ai tuoi occhi, è vivo in te, perché si nutre del desiderio.
Desiderio dell’abbraccio amato, non di sgridate, rimproveri,  urla e schiaffi.
Essere Donna vuole dire non confondere la propria femminilità, la voglia e il diritto di esprimerla, con i bisogni di un altro.
La Femminilità appartiene a te stessa, non è un valore aggiunto che qualcuno può aumentare o sminuire o eliminare dalla tua esistenza.
E' un'essenza intima che si disvela attraverso la percezione che hai del tuo valore.
Non permettere a nessuno di poterci entrare.
Rinuncia a rinunciare!

Maria Tinto




martedì 22 agosto 2017

PSICOLOGA- CONSULENTE SESSUALE DOTT.SSA MARIA TINTO :                     DIMENTICAR-SI, DIECI COS...

PSICOLOGA- CONSULENTE SESSUALE DOTT.SSA MARIA TINTO :                        DEMENZA :   DIMENTICAR-SI, DIECI COS...:                     DIMENTICAR-SI , DIECI COSE  DA NON FARE CON LA PERSONA SOFFERENTE Se, come affermava O.Wilde,” La memo...






                    DIMENTICAR-SI , DIECI COSE  DA
NON FARE CON LA PERSONA SOFFERENTE

Se, come affermava O.Wilde,” La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé”, proviamo ad immaginare cosa succede quando le pagine di quel diario cominciano a staccarsi ed a perdersi nel vuoto, al loro posto ci sarà lo smarrimento, l’annullamento e il disfacimento di se stessi.

Pagine che si staccano come pezzi della propria storia, briciole di vita che vanno lontano e che si disperdono nel nulla.

Qualcosa comincia a mancare, che si tratti di una parola, un luogo, un nome, un volto non importa, perché la sensazione di impotenza prende il posto della coscienza. Ci si sente come chi sta scalando la cima di un monte ma non riesce ad afferrare l’ultimo puntello per la vetta.

La demenza è una condizione in cui non si “arriva” mai dove si vorrebbe, perchè il risultato è sempre diverso da quello previsto.

Sconcerto, confusione, senso di inadeguatezza, fragilità emotiva, sono tutte limitazioni vissute dal soggetto affetto dalla demenza.

Si viene pervasi da un senso di incapacità, rispetto alla circostanza che si sta vivendo, senza peraltro riuscire ad avere pienamente la dimensione reale di quello che sta succedendo.

Sento che la parola è qui, è presente, ma non riesco a prenderla, ad afferrarla … a farla mia ed associarla al significato … mi arrabbio con me stesso, ma è solo un momento … poi non so … non ricordo neanche di cosa si stava parlando … i miei figli mi guardano … e sui loro volti vedo l’immagine della mia mancanza … ”

Per le persone care che assistono al deterioramento lento del proprio congiunto, è difficile accettarne il declino, che inevitabilmente si rende sempre più evidente con il passare dei mesi.

Assistere alla perdita di ciò che quella persona era prima della “malattia” è terribile, spesso inaccettabile.

Necessariamente bisogna fare i conti con una nuova realtà, sebbene dolorosa, per adottare tutta una serie di “strategie” che possono aiutare la persona afflitta dal disturbo mnestico a condurre una vita, per quanto possibile, dignitosa e rispettosa dei suoi rinnovati bisogni.

Guardo mio padre mentre ha tra le mani il giornale, lo sfoglia ma non legge … eppure era un divoratore di notizie che commentavamo insieme … adesso guarda le figure … provo per lui una profonda tenerezza … e mi arrabbio quando mi chiama col nome di mia sorella, che si è dimenticata di avere un padre … ma è solo un momento perché poi gli prendo le mani e gliele bacio … lui allora mi guarda … sussurra il mio nome e qualche volta piange … “

Sarà  l’amore che si nutre a rifondare un nuovo rapporto, a scrivere una nuova pagina, con caratteristiche mai usate prima ed adeguate alle situazioni che di volta in volta si andranno ad affrontare.

Perché sarà proprio grazie al sostegno e all’amore dei cari che si riusciranno ad alleviare le dimenticanze, a sostituire un nome con un abbraccio, un volto con un’ emozione.

Perché così come ricordiamo ciò che maggiormente colpisce i nostri sensi, ovvero quello che riesce ad emozionarci in maniera forte e che si imprime in memoria, così è possibile cercare di “recuperare” ciò che la nostra mente sta perdendo, attraverso la riattivazione degli stati  emozionali.

Un’ adeguata stimolazione, effettuata senza che il soggetto si avveda del suo disagio, attraverso l’utilizzo di immagini, suoni, odori e sapori può favorire il “recupero” mnestico e la relativa associazione col presente.

Perdere la memoria della propria storia è come lanciarsi nel vuoto senza paracadute. La dissolvenza dei ricordi, annulla anche la dignità di ciò che si è.

Di seguito vengono indicati almeno DIECI piccoli suggerimenti, che consiglio vivamente di mettere in atto con una persona affetta da Demenza o dal morbo di Alzheimer.

·         NON INSISTETE SE NON RICORDA IL NOME DI UN OGGETTO O DI UNA PERSONA  :

La vostra insistenza avrebbe l’effetto di farla sentire maggiormente in difficoltà, genererebbe rabbia, creando uno stato di ansia tale da non riuscire a riportare alla memoria quello che faticosamente sta cercando.

·         NON SOSTITUITEVI NEL FARE LE COSE CHE NON RIESCE A FARE :  

Fare le cose al suo posto la farebbe sentire ancora di più inadeguata, inoltre aumenterebbe la distanza tra la normalità di quello che era “prima” ed il presente.

·         NON CAMBIATE I POSTI AGLI OGGETTI CHE SONO IN CASA :

E’ importante che in casa tutto rimanga al solito posto, senza cambiamenti che non avrebbe la capacità di  memorizzare nel breve tempo.

·         NON MODIFICATE LE ABITUDINI QUOTIDIANE :

Ricordatevi che avete davanti una persona che ha bisogno di certezze, per sentirsi al sicuro almeno tra le pareti domestiche.

·         NON CAMBIATE GLI ORARI DELLA COLAZIONE, DEL PRANZO E DELLA CENA :

È una persona che non ama i cambiamenti, perché potrebbero generare maggiore confusione nella sua mente e magari arrivare a chiedervi di fare colazione all’ora di cena.

·         NON RIDETE DELLE SUE DIMENTICANZE O DEI “SUOI RAGIONAMENTI”.

Potrebbe succedere che non segua un vostro ragionamento o che salti da un discorso all’altro, senza che ci sia un nesso tra le cose, non date peso e non cercate di dare un vostro senso a ciò che dice, considerate che il suo pensiero in quel momento non è in linea col vostro, insistere darebbe origine ad una maggiore confusione e distanza tra di voi.

·         NON ARRABBIATEVI SE LASCIA IL GAS APERTO O SE FA COSE CHE RITENETE “SBAGLIATE”:

Quest’evento potrebbe accadere, ma arrabbiarsi aumenterebbe il suo senso di disagio emotivo, arrechereste solo ulteriore dolore ad una mente confusa e affaticata, sarebbe una mortificazione inutile e improduttiva. Ricordatevi che ciò che per voi è sbagliato non lo è per chi soffre di questo disturbo.

·         NON LASCIATELA SOLA :

La persona affetta da questo male ha la percezione del senso di abbandono molto forte.

·         NON LASCIATELA IN SILENZIO PER LUNGHI PERIODI DURANTE IL GIORNO:

Il silenzio non aiuta a recuperare le informazioni che si stanno allontanando dalla sua mente velocemente e inesorabilmente.

·         NON CAMBIATE IL VOSTRO MODO DI COMPORTARVI NEI SUOI CONFRONTI :

Ricordatevi che la persona a cui è stato diagnosticato questo disturbo, è sempre quella stessa che avete stretto tra le braccia fino ad ieri.

E’ la stessa che vi ha accompagnato finora nel vostro viaggio verso la vita.

 

Dott.ssa Maria Tinto
Psicologa clinica - Consulente Sessuale
Giornalista - Scrittrice

mercoledì 15 marzo 2017

PSICOLOGA- CONSULENTE SESSUALE DOTT.SSA MARIA TINTO : FIGLI MOSTRI E MOSTRUOSITA’ SOCIALIQuandola vit...

PSICOLOGA- CONSULENTE SESSUALE DOTT.SSA MARIA TINTO :


FIGLI MOSTRI E MOSTRUOSITA’ SOCIALIQuandola vit...
: FIGLI MOSTRI E MOSTRUOSITA’ SOCIALI Quando la vita è senza compassione I due recenti fatti di cronaca, che solo in apparenza s...



FIGLI MOSTRI E MOSTRUOSITA’ SOCIALI
Quando la vita è senza compassione

I due recenti fatti di cronaca, che solo in apparenza sembrano essere di natura diversa, ma che a mio avviso sono riconducibili ad una stessa matrice, ci inducono ad una profonda riflessione sugli esseri umani.
Sono i fatti che hanno visto da una parte ragazzini comportarsi da delinquenti efferati nei confronti di un loro coetaneo, compagno di scuola, -particolare abbastanza significativo- e dall’altra una madre, che accompagna il proprio figlio ad effettuare stupri di gruppo ai danni di ragazzine.

Fatti gravi, gravissimi, che mi inducono ad un ragionamento che riguarda la famiglia, i genitori, la scuola, gli insegnanti, la comunità, e perché no la politica, che rimane sempre silente quando accadono simili misfatti.

Qui non si tratta solo di genitori perversi, assenti, iperprotettivi, violenti o rifiutanti, intrisi di aridità sentimentale, di vuoto interiore e di egoismo;
Non si tratta solo di una scuola assente nei suoi principi cardini, che non esercita più alcun ruolo sociale riguardo la formazione dei giovani, né si tratta di insegnanti che non lasciano nessun segno di positività morale, né umanamente significante nei loro discepoli;

Non si tratta nemmeno di una comunità priva di compassione, che volge la testa altrove, che preferisce parlare di tette al silicone, gossip e calcio, con un margine di superficialità aberrante, stupidamente coinvolta in un delirio commerciale insipido di avidità;
Neppure si tratta di una politica che non riesce ad essere presente con segni tangibili di dignità e operosità sociale, che si ciondola in insignificanti giochi di potere, traboccante di diseguaglianze e bendata, per non essere coinvolta nell’attività di interrogarsi su se stessa e sulle responsabilità rispetto a quanto accade nel “suo” ambito di territorio politico;
Evidentemente si tratta di ben altro.

Siamo di fronte ad un’emergenza sociale rilevante, che ci vede protagonisti tutti.
Non è più il tempo di additare gli altri delle responsabilità e cercarle fuori di noi.
Già, ma chi è il “Noi”...il genitore?, l’insegnante?, il politico?
Cos’è che ci rende “comunità” e ci induce a stare con gli Altri?
Ma chi sono gli Altri?...Oggetti?...Soggetti?...Cose di cui poter disporre a proprio piacimento, per il proprio diletto?...corpi da possedere, da oltraggiare, da umiliare?
Siamo tutti in un modo o nell’altro responsabili di quello che sta accadendo.
Perché siamo tutti presi e compresi in schemi di vorticosa esteriorità, chiusi nel recinto di noi stessi, alleviamo creature senza radici, senza significato, senza senso.
Creature terribilmente sole, estremamente illuse di poter trovare una connotazione sociale che dia un senso alla loro esistenza.
Figli monchi di anima, privi di umana identità, fragili o violenti come due facce della medesima modalità malsana di esistere.
Figli vagabondi, alla continua ricerca di se stessi, ed allora c’è chi si affida ai “maghi” per alienare il proprio bisogno di appartenenza e c’è chi ha bisogno di “fare violenza” per sentire di esserci agli occhi di se stesso e degli altri, nella malsana convinzione di ricevere un consenso sociale e vedersi così finalmente riconosciuto un “ruolo”.
Cos’è che rende vulnerabili al punto da mistificare se stessi per gli altri?, Cosa rende un ragazzino tanto crudele da produrre una tale sofferenza in un compagno?  
Possibile che siamo riusciti a creare questi mostri?
Una madre, una donna che assiste e agisce violenze sessuali di gruppo insieme al figlio, su una ragazzina, una ragazzina non sconosciuta – particolare abbastanza rilevante – bensì che frequentava e con cui immagino ci sia stato un rapporto umano, emotivo, di relazione.
La domanda è : quali sono i sentimenti che muovono questi mostri?
E’ l’ interrogativo che qualcuno si pone, qualcuno che come me vorrebbe capire quanto di disumano riusciamo a far emergere da noi stessi, quanto di vergognosamente atroce c’è in ognuno di noi e fino a che punto non riusciamo a trattenerci dal mostrarlo.
Non voglio cercare facili risposte, additando la comunicazione violenta dei media, né gli strumenti di divulgazione di massa dei social, che della violenza ne hanno fatto un vessillo.
E’ forse il caso di interrogarci se dall’emergenza sociale si possa uscire solo attraverso una rifondazione radicale dell’essere umano, considerato che passiamo più tempo a difenderci dagli uomini che a cercare di capirne i meccanismi che li muovono ad agire.
Maria Tinto



giovedì 2 marzo 2017

PSICOLOGA- CONSULENTE SESSUALE DOTT.SSA MARIA TINTO : Intervista a Maria Tinto autrice del libro: "I ba...

PSICOLOGA- CONSULENTE SESSUALE DOTT.SSA MARIA TINTO :
Intervista a Maria Tinto autrice del libro: "I ba...
: Intervista a Maria Tinto autrice del libro: "I bambini non nascono cattivi"; a cura della Telegiornalista Daniela D'Angel...

Intervista a Maria Tinto autrice del libro: "I bambini non nascono cattivi"; a cura della Telegiornalista Daniela D'Angelo : 

- I bambini non nascono cattivi ... un titolo che fa riflettere. 
«Certamente vuole far riflettere, ma è anche un titolo provocatorio: i bambini non nascono cattivi, allora vuol dire che lo diventano; ma chi o cosa può farli diventare “cattivi”?». 

- Bene, partiamo dal capire a chi si rivolge il libro. 
«I bambini non nascono cattivi è un libro che parla dell’infanzia, ma lo fa attraverso la coppia, a partire da come nasce l’idea di avere un figlio; quindi c’è la coppia con i propri sogni e le aspettative; aspettative anche rispetto agli stereotipi legati al ruolo materno e paterno a cui la coppia sente di dover sottostare. Il difficile cammino del genitore si snoda lungo un excursus che riguarda la costruzione del ruolo genitoriale che ciascuno intende assumere; è un libro quindi che si rivolge a tutti coloro che hanno interesse all'infanzia, perché il messaggio primario che vuole trasmettere è quello del rispetto assoluto verso il bambino». 

- Maria tu parli anche delle difficoltà legate alla gravidanza, ma concordo con te sul fatto che spesso la gravidanza non è vissuta in modo positivo da una donna anzi… 
«Proprio così, l’idea che una donna incinta debba per forza di cose essere felice e assolutamente sentirsi appagata di questa sua condizione, fa parte di quegli stereotipi sociali e soprattutto culturali imbastiti attorno alla donna e al ruolo materno; considera che la donna è stata storicamente valutata unicamente per il compito di madre da assolvere. Solo recentemente, a seguito della rivoluzione sociale riferibile agli anni sessanta, la donna ha iniziato a farsi riconoscere anche in un ruolo sociale. La storia dell’umanità è storia scritta dagli uomini, che inevitabilmente ne hanno dato un taglio al maschile; la figura femminile è stata mortificata, perché non doveva esserle riconosciuto alcun merito di rilevanza sociale, ma solo quello naturale, biologico. La donna aveva il compito di mettere al mondo i figli, soddisfare i desideri maschili e sottomettersi silenziosamente alla volontà dell’uomo. Questo è purtroppo ciò che fa da sfondo alla nostra storia di donne; da questo siamo partite, quindi è evidente come ancora ci sia tanto da lavorare per veder riconosciuto alla donna dignità e rispetto in senso assoluto; è difficile e complesso scardinare un substrato ideologico radicato nella nostra cultura da millenni. Purtroppo anche da parte delle donne non è ancora forte il senso di identità femminile, le donne fanno fatica ad affermarsi nel privato quanto nel sociale». 

- Tu segui molto la questione del femminicidio e la violenza familiare assistita da parte dei bambini: anche nel libro c’è una parte dedicata a questi argomenti così importanti. 
«Sono anni che mi occupo di violenza di genere, organizzo convegni e conferenze per sensibilizzare soprattutto le donne. Vedi Daniela, mi sono resa conto, dopo anni di studio e di ricerca, che la violenza di genere bisogna scardinarla dalla mente degli uomini, facendo un lavoro di cesello, partendo proprio dalle donne, dal loro modo di essere madri e dal loro modo di impostare il rapporto con un uomo. Usare un linguaggio che non sia “di genere” è fondamentale, soprattutto da parte delle madri con i figli. Quindi, quali parole usare con i figli? Inoltre, sentirsi bene solo quando si ha un uomo accanto, non aiuta l’indipendenza e il rispetto di sé. Un amore e un uomo devono essere considerati valori aggiunti alla vita di una donna, non valori in senso assoluto; bisogna cominciare a ricostituire una nuova modalità di stare e di essere coppia. Il rispetto verso se stessi è la cosa primaria quando si entra in relazione con l’altro. È il rispetto verso se stessi, che esige il rispetto per la coppia e per la famiglia». 

- E i figli? 
«I figli, quando nella coppia manca il rispetto, sono vittime inascoltate e rese invisibili da un sistema famiglia che non li considera persone, e verso i quali non ha alcun riguardo né attenzione. Questo è terribile per un bambino: io parlo di “dissolvenza infantile” a definire proprio questo modo di non considerare i bambini, di agire la violenza al loro cospetto, senza rendersi nemmeno conto del male che in quel momento sta arrivando al bambino». - 

- Quali sono i danni emotivi che un bambino può riportare come esito della violenza familiare a cui ha assistito? 
«Innanzitutto c’è da dire che un bambino che assiste alla violenza fatta ad una persona cara, madre, fratello o sorella che sia, da parte di un congiunto, subisce una doppia violenza. Per il fatto di essere agita da una persona di famiglia, e per il fatto di non poter proteggere la persona cara, questo lo pone in una condizione di sofferenza maggiore, anche perché un bambino non ha al capacità di comprendere quello che sta succedendo. Vive le situazioni di violenza atterrito e sopraffatto. Ma va detto che la violenza non è solo quella fisica, i cui segni sono visibili e anche quantificabili, purtroppo esiste una violenza che non e visibile ma che, come un veleno si insinua fino a toccare le pieghe più nascoste dell’anima, è la violenza psicologica. Denigrazioni, offese, gesti irriguardevoli, sguardi offensivi, sono solo alcuni elementi che fanno parte del magma velenifero costituito dalla violenza psicologica. Un bambino assiste impotente ed intanto assorbe su di sé la negatività violenta che un modello distorto familiare si impone al suo sguardo. Mi chiedi dei danni… i danni sono enormi e non quantificabili, soprattutto perché possono manifestarsi anche a distanza di anni e assumere varie tipologie di disturbi. Nel libro sono riportati casi di vita reale, che a distanza di anni dagli eventi violenti, manifestano disturbi d’ansia legati al mal di vivere». 

- Che ruolo ha il padre in tutto questo? 
«Questa è una domanda complessa; il ruolo paterno è cambiato. I padri hanno bisogno di darsi una nuova connotazione all’interno della coppia e rispetto ai figli. L’uomo ha abdicato alla propria mascolinità e al proprio ruolo di autorevolezza familiare, in favore di un’identità ancora da definire, che non aiuta la crescita dei figli; nel libro c’è un intero capitolo dedicato al ruolo paterno rispetto alle nuove tecnologie informatiche, che ne hanno minato la stabilità». 

- Nel libro parli di alcune tipologie di madri che con il loro modo di fare possono favorire l’insorgenza di disturbi nei figli. 
«Purtroppo è così: i genitori perfetti non esistono, ma spesso si esagera nel non considerare la funzione ed il ruolo che bisogna assolvere quando si decide di mettere al mondo un figlio. Ci sono madri che fanno male e genitori dannosi per la crescita e lo sviluppo di un bambino, e poi c’è la questione del tempo, un aspetto fondamentale su cui vale la pena riflettere. La domanda che rivolgo ai genitori è: quanto del tuo tempo sei disposto a rinunciare per tuo figlio?».