COME LUPI AFFAMATI SULLA PREDA
Le immagini di
quello che è successo a Kabul ci fanno inorridire.
La ferocia , la violenza, la
furia omicida con cui quegli uomini si sono accaniti contro quella ragazza,
contro il suo corpo, è un fatto di un’ atrocità tale da non trovare nessuna remota
o plausibile giustificazione.
Aldilà delle
colpe o del voler trovare i colpevoli è
la malvagità agita che ferisce maggiormente.
Sono tutti
colpevoli e non solo chi ha sferrato calci o chi, addirittura a piedi uniti, è
saltato sul corpo di Farkhunda - così si chiamava la ragazza barbaramente
trucidata - certamente per farle più male, per infierire ancora di più, per schiacciare
con più forza quelle membra martoriate, con una malvagità e una violenza
inaudite.
Tutti gli
uomini che erano presenti al massacro di Farkhunda sono colpevoli in egual
misura.
I loro occhi colmi
e traboccanti di ferocia e di odio verso quella ragazza.
Come lupi
affamati si sono gettati sulla preda indifesa, vigliaccamente e senza più alcuna
parvenza di umano.
Nessun crimine
, per quanto grande può giustificare un atto del genere.
Dopo aver
infierito su quel corpo senza più vita, la volontà di annientarlo, di farlo
sparire per sempre, di volerne cancellare il passaggio su questa terra,
bruciandolo … incenerendolo…
Sono solo uomini
che odiano le donne ? …
Per il fatto
di essere generati da un corpo di donna ? Per il fatto di invidiare un corpo che genera vita ?
Per il fatto di temere la forza che solo può avere l’abbraccio di una donna ?
La misoginia,
ovvero l’odio verso le donne, quest’arma trasversale a tutte le civiltà e le
classi sociali, viene da lontano.
Una credenza
si struttura nel tempo e se viene continuamente rinnovata attraverso la pratica
quotidiana, come può esserlo una preghiera, sarà talmente radicata nel pensiero
che resterà annidata al punto da sovvertire qualsiasi ordine, persino quello biologico.
In quest’ opera
di meticolosa incisione, che si è protratta fin nei meandri del pensiero umano,
ha avuto una parte essenziale la Chiesa che per aumentare la supremazia e il
potere egemonico del maschio, attraverso la misoginia ha cercato di tenere a
bada l’intelligenza delle donne , considerate una minaccia all’autorità
maschile, relegandola tra le mura domestiche e al servizio del maschio.
La casa
diventa così il sacrario della donna, il luogo delle sue sofferenze e delle sue
gioie, dove tutto è concesso al maschio, che tutto può in nome di un’autorità accordata
dal divino e legittimata dai sacramenti.
La casa, il
luogo dove dimora la famiglia, dove ancora oggi si compiono i misfatti più
efferati contro le donne, regno omertoso di soprusi, da cui nulla fuoriesce, se
non l’immagine falsamente ritenuta gaudente e lieta.
Con la
violenza e la sopraffazione verso le donne si è cercato di aumentare la forza e
il potere del maschio.
Del resto la
stessa parola “Dio” rimanda al maschio , che seppure asessuato ha le
caratteristiche grammaticali del genere maschile.
E non poteva
essere altrimenti considerato che la donna veniva assimilata al diavolo, al
peccato, alla vergogna, basti pensare che il sangue delle mestruazioni era ritenuto
immondo e immondizia tutto ciò che la
donna “toccava” nei giorni del mestruo.
La donna, considerata
“aiuto” dell’uomo sottomessa e ubbidiente, come un animale di cui poter disporre
e così è stato per secoli, con mariti che usavano le mogli e padri che disponevano delle figlie come merce
di scambio, non ha avuto voce nella storia se non nella spuria maschile.
Certo la
Chiesa non ci ha aiutate nel difficile cammino “cristiano” … ci ha asservite e
consegnate alla storia come un prodotto divino di serie “c” , ricordiamo che la
serie “b” era riservata agli animali, generando la credenza peccaminosa della
donna, fonte di mali e di sventure per l’uomo, erigendo così un percorso ben
più arduo e difficile lungo l’asse dell’evoluzione.
Anche una
buona parte di letteratura, ad opera chiaramente maschile, ha raccolto l’invito
misogino della Chiesa, rafforzando queste credenze e svalutando maggiormente la
donna.
L’arte
magistrale del maschio in questo progetto di annientamento della donna è stato
nel far sì che fossero le donne stesse a compierlo, attraverso un paradosso messo
in atto dall’atto di fede.
Ancora oggi noi
donne stiamo pagando un prezzo troppo alto alla civiltà del maschio.
La malvagità che ha operato a Kabul la troviamo quasi
tutti i giorni vicino a noi, nel maschio che uccide la moglie con numerose
coltellate , nel cinismo con cui colui che dopo aver fatto sesso, quindi usato
il corpo della moglie, la accoltella e poi se ne va al bar a bere con gli
amici, nella cattiveria di colui che
sfigura il volto della fidanzata segnandola per sempre, “marchiandone “ il
corpo, a suggellare un diritto di possesso mai perso, nella spietatezza con cui
si mutila il corpo della donna dei genitali , per privarla del piacere e per
possederne addirittura i desideri….
La lista è
lunga perché i casi sono innumerevoli, ma quello che mi sconforta di più è la rassegnazione
con cui le donne hanno accettato questa subalternità al maschio,
privilegiandone un vissuto che ancora oggi miete vittime proprio tra le donne
stesse.
Una subalternanza in nome di una debolezza
emotiva che viene usata e abusata dal maschio, a cui molte, tante donne non sanno
sottrarsi e da cui non riescono a fuggire.
Come una sorte
di auto accettazione di una riverenza nel voler riconoscere una fragilità maschile,
che nella realtà non trova riscontro, se non nell’incapacità del maschio a far
fronte all’accettazione della libertà e del pensiero autonomo della donna.
Questa ambivalenza
storica e culturale mi fa paura, mi spaventa come l’odio , come la malvagità, perché
è proprio la capacità delle donne di essere madri che le magnifica e le condanna
ad un ruolo di dedizione e di cura che nei maschi si tramuta in un sentimento
giudicante e irriverente, che viene agito verso le altre donne.
Il figlio
viene nutrito al seno materno, da questo corpo riceve cura e nutrimento , più
tardi userà il corpo di una donna per soddisfare le sue voglie carnali, e sarà
sempre il corpo di una donna che si renderà disponibile a soddisfare un suo bisogno.
Molti sono gli
uomini, senza distinzione di razza o di stato sociale, che nella scala dei
bisogni rimangono a quelli primari, che rappresentano il primo gradino, ovvero quelli
associati alla sopravvivenza senza andare oltre e sono proprio questi, che
molto simili alle bestie, pensano alla donna solo come ad un corpo da cui
prendere quello di cui hanno bisogno.
Portati in
grembo, li allattiamo, li mettiamo al mondo, li curiamo, gli asciughiamo le
lacrime, li aspettiamo al ritorno dalla caccia con la morte nel cuore, e poi
loro ci schiacciano come scarafaggi da annientare, ci violentano e ci sbranano come
lupi sulla preda .
Dunque viene
da chiedersi se è proprio il ruolo materno della donna che restituisce al
maschio lo scettro del dominio.
Un ruolo che lo
annienta e lo confonde e verso cui riesce solo a rispondere, in modo vigliacco
e becero, con la violenza.
L’australopiteco
è ancora tra noi ?- I primi ominidi, chiamati Australopitechi (tra 5 e 3 milioni di anni fa), erano capaci di camminare sui soli arti posteriori e proprio per la loro posizione eretta sono considerati come un passaggio fondamentale dell’evoluzione della specie, erano notevolmente violenti e aggressivi.