Parliamo di Emozioni della Mente

L'autrice è una appassionata di psicologia clinica e di buon senso.....ricerca l'intelligenza come stile di vita.

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martedì 24 marzo 2015




COME LUPI AFFAMATI SULLA PREDA
di Maria Tinto

Le immagini di quello che è successo a Kabul ci fanno inorridire.
La ferocia , la violenza, la furia omicida con cui quegli uomini si sono accaniti contro quella ragazza, contro il suo corpo, è un fatto di un’ atrocità tale da non trovare nessuna remota o plausibile giustificazione.
Aldilà delle colpe  o del voler trovare i colpevoli è la malvagità agita che ferisce maggiormente.

Sono tutti colpevoli e non solo chi ha sferrato calci o chi, addirittura a piedi uniti, è saltato sul corpo di Farkhunda - così si chiamava la ragazza barbaramente trucidata - certamente per farle più male, per infierire ancora di più, per schiacciare con più forza quelle membra martoriate, con una malvagità e una violenza inaudite.
Tutti gli uomini che erano presenti al massacro di Farkhunda sono colpevoli in egual misura.

I loro occhi colmi e traboccanti di ferocia e di odio verso quella ragazza.
Come lupi affamati si sono gettati sulla preda indifesa, vigliaccamente e senza più alcuna parvenza di umano.

Nessun crimine , per quanto grande può giustificare un atto del genere.
Dopo aver infierito su quel corpo senza più vita, la volontà di annientarlo, di farlo sparire per sempre, di volerne cancellare il passaggio su questa terra, bruciandolo … incenerendolo…

Sono solo uomini che odiano le donne ? …
Per il fatto di essere generati da un corpo di donna ?
Per il fatto di invidiare un corpo che genera vita ?
Per il fatto di temere la forza che solo può avere l’abbraccio di una donna ?

La misoginia, ovvero l’odio verso le donne, quest’arma trasversale a tutte le civiltà e le classi sociali, viene da lontano.
Una credenza si struttura nel tempo e se viene continuamente rinnovata attraverso la pratica quotidiana, come può esserlo una preghiera, sarà talmente radicata nel pensiero che resterà annidata al punto da sovvertire qualsiasi ordine, persino quello biologico.

In quest’ opera di meticolosa incisione, che si è protratta fin nei meandri del pensiero umano, ha avuto una parte essenziale la Chiesa che per aumentare la supremazia e il potere egemonico del maschio, attraverso la misoginia ha cercato di tenere a bada l’intelligenza delle donne , considerate una minaccia all’autorità maschile, relegandola tra le mura domestiche e al servizio del maschio.
La casa diventa così il sacrario della donna, il luogo delle sue sofferenze e delle sue gioie, dove tutto è concesso al maschio, che tutto può in nome di un’autorità accordata dal divino e legittimata dai sacramenti.

La casa, il luogo dove dimora la famiglia, dove ancora oggi si compiono i misfatti più efferati contro le donne, regno omertoso di soprusi, da cui nulla fuoriesce, se non l’immagine falsamente ritenuta gaudente e lieta.
Con la violenza e la sopraffazione verso le donne si è cercato di aumentare la forza e il potere del maschio.

Del resto la stessa parola “Dio” rimanda al maschio , che seppure asessuato ha le caratteristiche grammaticali del genere maschile.
E non poteva essere altrimenti considerato che la donna veniva assimilata al diavolo, al peccato, alla vergogna, basti pensare che il sangue delle mestruazioni era ritenuto immondo  e immondizia tutto ciò che la donna “toccava” nei giorni del mestruo.

La donna, considerata “aiuto” dell’uomo sottomessa e ubbidiente, come un animale di cui poter disporre e così è stato per secoli, con mariti che usavano le mogli e  padri che disponevano delle figlie come merce di scambio, non ha avuto voce nella storia se non nella spuria maschile.
Certo la Chiesa non ci ha aiutate nel difficile cammino “cristiano” … ci ha asservite e consegnate alla storia come un prodotto divino di serie “c” , ricordiamo che la serie “b” era riservata agli animali, generando la credenza peccaminosa della donna, fonte di mali e di sventure per l’uomo, erigendo così un percorso ben più arduo e difficile lungo l’asse dell’evoluzione.

Anche una buona parte di letteratura, ad opera chiaramente maschile, ha raccolto l’invito misogino della Chiesa, rafforzando queste credenze e svalutando maggiormente la donna.
L’arte magistrale del maschio in questo progetto di annientamento della donna è stato nel far sì che fossero le donne stesse a compierlo, attraverso un paradosso messo in atto dall’atto di fede.

Ancora oggi noi donne stiamo pagando un prezzo troppo alto alla civiltà del maschio.
La  malvagità che ha operato a Kabul la troviamo quasi tutti i giorni vicino a noi, nel maschio che uccide la moglie con numerose coltellate , nel cinismo con cui colui che dopo aver fatto sesso, quindi usato il corpo della moglie, la accoltella e poi se ne va al bar a bere con gli amici, nella cattiveria  di colui che sfigura il volto della fidanzata segnandola per sempre, “marchiandone “ il corpo, a suggellare un diritto di possesso mai perso, nella spietatezza con cui si mutila il corpo della donna dei genitali , per privarla del piacere e per possederne addirittura i desideri….

La lista è lunga perché i casi sono innumerevoli, ma quello che mi sconforta di più è la rassegnazione con cui le donne hanno accettato questa subalternità al maschio, privilegiandone un vissuto che ancora oggi miete vittime proprio tra le donne stesse.
Una subalternanza in nome di una debolezza emotiva che viene usata e abusata dal maschio, a cui molte, tante donne non sanno sottrarsi e da cui non riescono a fuggire.

Come una sorte di auto accettazione di una riverenza nel voler riconoscere una fragilità maschile, che nella realtà non trova riscontro, se non nell’incapacità del maschio a far fronte all’accettazione della libertà e del pensiero autonomo della donna.
Questa ambivalenza storica e culturale mi fa paura, mi spaventa come l’odio , come la malvagità, perché è proprio la capacità delle donne di essere madri che le magnifica e le condanna ad un ruolo di dedizione e di cura che nei maschi si tramuta in un sentimento giudicante e irriverente, che viene agito verso le altre donne.

Il figlio viene nutrito al seno materno, da questo corpo riceve cura e nutrimento , più tardi userà il corpo di una donna per soddisfare le sue voglie carnali, e sarà sempre il corpo di una donna che si renderà disponibile a soddisfare un suo bisogno.
Molti sono gli uomini, senza distinzione di razza o di stato sociale, che nella scala dei bisogni rimangono a quelli primari, che rappresentano il primo gradino, ovvero quelli associati alla sopravvivenza senza andare oltre e sono proprio questi, che molto simili alle bestie, pensano alla donna solo come ad un corpo da cui prendere quello di cui hanno bisogno.

Portati in grembo, li allattiamo, li mettiamo al mondo, li curiamo, gli asciughiamo le lacrime, li aspettiamo al ritorno dalla caccia con la morte nel cuore, e poi loro ci schiacciano come scarafaggi da annientare, ci violentano e ci sbranano come lupi sulla preda .
Dunque viene da chiedersi se è proprio il ruolo materno della donna che restituisce al maschio lo scettro del dominio.

Un ruolo che lo annienta e lo confonde e verso cui riesce solo a rispondere, in modo vigliacco e becero, con la violenza.
L’australopiteco è ancora tra noi ?



  • I primi ominidi, chiamati Australopitechi (tra 5 e 3 milioni di anni fa), erano capaci di camminare sui soli arti posteriori e proprio per la loro posizione eretta sono considerati come un passaggio fondamentale dell’evoluzione della specie, erano notevolmente violenti e aggressivi.


mercoledì 18 marzo 2015




Famiglia e distorsioni emotive
Succede sempre più spesso che nelle famiglie si creano equivoci fortemente pericolosi per il benessere psicofisico dei figli.

Questo accade quando alcuni componenti della famiglia cominciano a non rispettare il ruolo che la “struttura famiglia” ha loro assegnato e dal quale non dovrebbero mai allontanarsi, pena il coinvolgimento degli altri soggetti della famiglia in situazioni di natura ambivalente, dove i rapporti genitori – figli vengono stravolti e connotati da abnormità emotive che a lungo andare possono dar luogo a patologie anche abbastanza gravi.

Immaginate cosa succederebbe se a teatro, mentre si rappresenta una commedia, chi dovrebbe fare la comparsa prende il posto dell’attore caratterista, mentre il primo attore si riduce al ruolo di comparsa … ci troveremmo di fronte ad uno spettacolo dove gli equivoci e la farsa la farebbero da padrone, creando confusione e raccapriccio generale, senza avere più alcuna coerenza scenica.

Dopo un po’, costernati, andremmo via con una certa rabbia verso noi stessi, per aver sprecato il nostro tempo e il nostro denaro.
Ma questo succede a teatro, dove c’è un inizio ed una fine e dove possiamo decidere in ogni momento quando e se abbandonare la sala.
Mentre c’è la vita di tutti i giorni, che, anche se per molti aspetti si rivela grottesca e affastellata da situazioni grevi, ci vede spettatori ma soprattutto attori su un palcoscenico dove vengono spesso malamente rappresentate le emozioni e le miserie dell’animo umano.

Viene dunque da chiedersi se la vita di ciascuno di noi si può ridurre ad un epilogo teatrale di dubbio gusto, o se debba essere sottoposta ad una riflessione ben più attenta e profonda del proprio vissuto; poiché il malessere ha un connotato reale che prima o poi si fa sentire sulla propria pelle e su quella di coloro che sono coinvolti nella nostra vita di tutti i giorni.
I ruoli devono essere rispettati e definiti, una figlia di quindici anni non deve asciugare le lacrime alla propria madre, né un figlio di vent’anni deve mettere a letto il padre perché questo ha bevuto troppo…

Queste sono situazioni tipiche che vedono un ribaltamento dei ruoli, dove l’autorità materna  e paterna viene a sgretolarsi nella mente del/la figlio/a che oltre a sentirsi caricati di un peso più grande delle loro spalle, vivono nella confusione e nella solitudine più profonda.
Le conseguenze per i figli sia dal punto di vista psicologico che fisico sono spesso devastanti.
Il malessere prende strade diverse sul corpo di ognuno di noi e talvolta diventa ingestibile.

Ansia, tensione, irritabilità, insicurezza,  aggressività, disturbi depressivi, disturbi del sonno, attacchi di panico, sindrome del colon irritabile, tabagismo, abuso di alcol o di farmaci, sono solo alcuni dei sintomi tracciati dalla sofferenza.
Oltre al fatto che i giovani in una condizione di solitudine esistenziale e senza alcun supporto emotivo, possono intraprendere abitudini e frequentazioni sociali nocive.

E’ bene dunque tenere sempre presente che in ogni Famiglia, ognuno deve fare la sua parte e recitare il proprio copione, ciascuno rispettando i tempi e il ruolo dell’altro, solo così nella rappresentazione scenica della commedia della vita ciascuno potrà avere la sua parte di plausi e di disapprovazioni a buon diritto o immeritatamente.

Maria Tinto

giovedì 12 marzo 2015


SE AMARE NON E' SOLO UN ATTO DI EGOISMO . . .

Quando parla un bambino ascoltatelo.
Qualsiasi cosa stiate facendo, fermatevi e guardatelo negli occhi.

Chinatevi verso di lui e fategli sentire che per voi è importante quello che sta dicendo.

Se un bambino si attacca alla vostra gamba e diventa per voi troppo “appiccicoso”,
non ditegli di allontanarsi , vi sta dicendo che ha bisogno di voi, che si sente solo.

Quando un neonato piange, non imprecate, non alzate la voce, c’è sempre un disagio che sta esprimendo col pianto, cercate di interpretarlo.
Ha fame? Sente caldo? L’ambiente è rumoroso? E’ sporco? Ha bisogno di coccole?

Si proprio così … le coccole!

I bisogni di un neonato oltre alla fame e alla pulizia sono le coccole, non siate parchi.
Le coccole della mamma sono il nutrimento più sano per la mente del vostro figlio.

Mettere al mondo un figlio è un’assunzione di grande responsabilità.
Un figlio non è una propaggine dei nostri desideri, bensì un essere umano che ha bisogno di amore e di cure senza risparmio.

Mettere al mondo una creatura è un atto di grande egoismo,  a cui dovrebbe seguire un atto di grande generosità.
Quando invece si antepongono i propri bisogni a quelli della creatura che si è messa al mondo, con comportamenti che non tengono conto delle esigenze e dei ritmi di crescita del bambino, si crea uno squilibrio che va a minare la stabilità e la crescita emotiva del bambino.

I genitori hanno il compito di fornire una base sicura al proprio bambino dalla quale possa partire per esplorare il mondo esterno e verso cui possa ritornare nel momento del bisogno sapendo per certo che sarà confortato e rassicurato.
Tale ruolo del genitore consiste nell’essere disponibile, nel dare assistenza, ma intervenendo solo quando è necessario.

Chiunque non ha tale “ base “ si sentirà solo e senza radici.
E’ fondamentale la relazione primaria madre-bambino nel consentire un sano sviluppo della personalità dell’individuo.

L’amore verso un figlio non è qualcosa che si compra al supermercato e non può essere una prescrizione medica, è qualcosa che attiene al proprio senso di maturità e di crescita interiore.
Il bambino ha bisogno di una figura da cui sentirsi protetto come un porto sicuro, quindi non è qualcosa che attiene solo ad una funzione biologica di nutrimento ma alla protezione dai pericoli provenienti dall’ambiente esterno.

E’ importante anche capire per un genitore che l’esigenza di una figura di attaccamento come base sicura che nell’infanzia è evidente, può essere riferita anche nell’adolescenza e nell’età adulta.
Amare è egoismo puro, ma verso un figlio diventa un boomerang quando non si è disposti ad accudirlo secondo le sue necessità.

Offrire il seno al figlio per nutrirlo non è solo un atto per sfamarlo ma è soprattutto un atto d’amore, quell’amore con cui la madre sta dicendo al figlio che lo accoglie, lo protegge, lo custodisce come il bene più prezioso e che lo difenderà in ogni occasione e a qualunque costo.
Quando un bambino succhia al seno sta ascoltando tutto questo attraverso il calore di quel contatto, si sente in un’ampolla dove non esiste altro che quel momento magico in cui le parole sono superflue perché è   l’ energia dell’amore umano che sta parlando, quella che ha permesso all’uomo di sopravvivere fino ad oggi.

Maria Tinto

 


martedì 10 marzo 2015



L'inganno più grande della mente è quello di voler considerare le nostre scelte come il frutto di una selezione tra il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, il vero e il falso.
Sempre due poli estremi tra cui scegliere.
Questa fatica ci crea una tensione emotiva che produce una lotta intestina tra ciò che "pensiamo" e ciò che "proviamo"; ovvero tra il cuore e la mente.
Siamo come quei combattenti che si inoltrano  con la faretra sulla spalla su un campo di battaglia disseminato di cannoni, dove le frecce sono le nostre argomentazioni del cuore , ovvero i nostri desideri ed i cannoni le argomentazioni della mente, frutto delle costruzioni morali e sociali.
E' chiaro che dopo un pò ci troveremo sopraffatti da emozioni più grandi di noi e per molti aspetti insostenibili, e quanto più ci fermiamo su quel campo di battaglia tanto più diventa impossibile sostenere lo scontro.
Sarà il nostroo corpo a dirci che siamo stremati, il nostro corpo ci dirà che è ora di fermarsi e il suo linguaggio sarà quello della sudorazione, della tachicardia, delle vertigini, dei  tremori, del senso di soffocamento ...ed ecco che  su quel campo stiamo sperimentando il nostro primo "Attacco di Panico"... frutto di un'ansia che ci travolge al punto tale da non poterla più gestire come vorremmo.
Uscire da quel campo è possibile, trovare la strada per non farsi sopraffare dalla paura di scegliere si può.
Guardare alla propria realtà con indulgenza, senza sensi di colpa e senza porsi tra i due poli è possibile.
La nostra vita è piena di ambivalenze e contraddizioni, se accettiamo questo siamo già ad un passo dal convivere serenamente con noi stessi, con gli altri e con il mondo.