Parliamo di Emozioni della Mente

L'autrice è una appassionata di psicologia clinica e di buon senso.....ricerca l'intelligenza come stile di vita.

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mercoledì 15 marzo 2017




FIGLI MOSTRI E MOSTRUOSITA’ SOCIALI
Quando la vita è senza compassione

I due recenti fatti di cronaca, che solo in apparenza sembrano essere di natura diversa, ma che a mio avviso sono riconducibili ad una stessa matrice, ci inducono ad una profonda riflessione sugli esseri umani.
Sono i fatti che hanno visto da una parte ragazzini comportarsi da delinquenti efferati nei confronti di un loro coetaneo, compagno di scuola, -particolare abbastanza significativo- e dall’altra una madre, che accompagna il proprio figlio ad effettuare stupri di gruppo ai danni di ragazzine.

Fatti gravi, gravissimi, che mi inducono ad un ragionamento che riguarda la famiglia, i genitori, la scuola, gli insegnanti, la comunità, e perché no la politica, che rimane sempre silente quando accadono simili misfatti.

Qui non si tratta solo di genitori perversi, assenti, iperprotettivi, violenti o rifiutanti, intrisi di aridità sentimentale, di vuoto interiore e di egoismo;
Non si tratta solo di una scuola assente nei suoi principi cardini, che non esercita più alcun ruolo sociale riguardo la formazione dei giovani, né si tratta di insegnanti che non lasciano nessun segno di positività morale, né umanamente significante nei loro discepoli;

Non si tratta nemmeno di una comunità priva di compassione, che volge la testa altrove, che preferisce parlare di tette al silicone, gossip e calcio, con un margine di superficialità aberrante, stupidamente coinvolta in un delirio commerciale insipido di avidità;
Neppure si tratta di una politica che non riesce ad essere presente con segni tangibili di dignità e operosità sociale, che si ciondola in insignificanti giochi di potere, traboccante di diseguaglianze e bendata, per non essere coinvolta nell’attività di interrogarsi su se stessa e sulle responsabilità rispetto a quanto accade nel “suo” ambito di territorio politico;
Evidentemente si tratta di ben altro.

Siamo di fronte ad un’emergenza sociale rilevante, che ci vede protagonisti tutti.
Non è più il tempo di additare gli altri delle responsabilità e cercarle fuori di noi.
Già, ma chi è il “Noi”...il genitore?, l’insegnante?, il politico?
Cos’è che ci rende “comunità” e ci induce a stare con gli Altri?
Ma chi sono gli Altri?...Oggetti?...Soggetti?...Cose di cui poter disporre a proprio piacimento, per il proprio diletto?...corpi da possedere, da oltraggiare, da umiliare?
Siamo tutti in un modo o nell’altro responsabili di quello che sta accadendo.
Perché siamo tutti presi e compresi in schemi di vorticosa esteriorità, chiusi nel recinto di noi stessi, alleviamo creature senza radici, senza significato, senza senso.
Creature terribilmente sole, estremamente illuse di poter trovare una connotazione sociale che dia un senso alla loro esistenza.
Figli monchi di anima, privi di umana identità, fragili o violenti come due facce della medesima modalità malsana di esistere.
Figli vagabondi, alla continua ricerca di se stessi, ed allora c’è chi si affida ai “maghi” per alienare il proprio bisogno di appartenenza e c’è chi ha bisogno di “fare violenza” per sentire di esserci agli occhi di se stesso e degli altri, nella malsana convinzione di ricevere un consenso sociale e vedersi così finalmente riconosciuto un “ruolo”.
Cos’è che rende vulnerabili al punto da mistificare se stessi per gli altri?, Cosa rende un ragazzino tanto crudele da produrre una tale sofferenza in un compagno?  
Possibile che siamo riusciti a creare questi mostri?
Una madre, una donna che assiste e agisce violenze sessuali di gruppo insieme al figlio, su una ragazzina, una ragazzina non sconosciuta – particolare abbastanza rilevante – bensì che frequentava e con cui immagino ci sia stato un rapporto umano, emotivo, di relazione.
La domanda è : quali sono i sentimenti che muovono questi mostri?
E’ l’ interrogativo che qualcuno si pone, qualcuno che come me vorrebbe capire quanto di disumano riusciamo a far emergere da noi stessi, quanto di vergognosamente atroce c’è in ognuno di noi e fino a che punto non riusciamo a trattenerci dal mostrarlo.
Non voglio cercare facili risposte, additando la comunicazione violenta dei media, né gli strumenti di divulgazione di massa dei social, che della violenza ne hanno fatto un vessillo.
E’ forse il caso di interrogarci se dall’emergenza sociale si possa uscire solo attraverso una rifondazione radicale dell’essere umano, considerato che passiamo più tempo a difenderci dagli uomini che a cercare di capirne i meccanismi che li muovono ad agire.
Maria Tinto



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