Parliamo di Emozioni della Mente

L'autrice è una appassionata di psicologia clinica e di buon senso.....ricerca l'intelligenza come stile di vita.

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giovedì 19 febbraio 2015

Riflettevo sulla capacità che hanno alcune mamme di far sentire incapaci i propri figli, nonostante questi siano perfettamente in grado di assolvere i compiti. Sono mamme che  hanno attenzioni e protezione nei confronti di un figlio tali da farlo passare per "ritardato", inibendo quel naturale processo che porta l'individuo verso la consapevolezza della propria individualità e autonomia.
La vittima designata, in genere è il/la  primogenito/a e la mamma fa di tutto perchè al figlio/a venga riconosciuto il "ritardo", il "disturbo", fa di tutto perchè al mal capitato venga assicurato il "sostegno" a scuola e a casa, facendolo sentire maggiormente inetto rispetto agli altri.
La priorità di questa tipologia di madre è quella di far rimanere il proprio figlio/a nella condizione di eterno immaturo, pur di non vedersi spodestare dal ruolo di madre-padrona  che si è costruita.
E' quella mamma che pensa "Io ti salverò dal mondo e dalle sue insidie!".... ma quel bambino dovrebbe essere salvato proprio dalla madre e prima che sia troppo tardi.
Troppo tardi per fermare quel processo di svalutazione e di autocommiserazione che porterà quel futuro individuo a sentirsi sempre più una propaggine materna e a non avere un proprio ruolo nella società.
Sono donne che a prima vista appaiono miti, remissive ... lo sguardo basso ... la voce interrotta ... la lacrima facile ... tutte protese al bene del figlio/a, alla sua "guarigione".
Il bambino lo presentano col nome del "disturbo" diagnosticato, .... mio figlio è un DSA o altro....
e questo presunto problema è l'unico ostacolo alla felicità della famiglia.
In realtà il vero problema sono loro stesse che nascondono le proprie frustrazioni, i loro nodi irrisolti di  donne e di coppia dietro il baluardo del supposto disturbo , creando una difficoltà del figlio che non esiste nella realtà.
Sono infatti bambini che hanno un cognitivo adeguato all'età, che manifestano un disagio relazionale legato al fatto che cominciano a sentirsi "diversi" grazie al presunto "disturbo" lamentato dalla madre.
Qualcuno a questo punto potrebbe chiedere del papà ... in effetti in questi casi il papà è assente anche se fisicamente presente, è un papà non ha un ruolo genitoriale definito, che "lascia fare" alla madre. E'un papà delegante che non entra in contrasto con la madre-padrona, vuoi per non esacerbare il rapporto di coppia già instabile, vuoi perchè il sintomo creato al figlio, in qualche modo tiene la "coppia" salda, gli conferisce un senso che altrimenti non avrebbe.
Sono coppie che condividono il tetto e le incombenze del quotidiano ma che non hanno più nulla dell'intesa e della complicità dello stare insieme.
 Mi rivolgo proprio a questi papà, al loro modo delegante di crescere i propri figli : "Vigilate sulla relazione madre-figlio, non chiudete gli occhi davanti allo sguardo implorante di vostro figlio, siete i soli che potete allungargli una mano per uscire dalla spirale in cui si trova il vostro bambino.
La coppia farà la sua strada, ha il suo destino ma legarlo a quello di vostro figlio, sarebbe un crimine troppo grande da sopportare anche per il papà più distratto e distante".
Maria Tinto

martedì 10 febbraio 2015

Che bella emozione ! ...mi chiama un'amica che non vedo da anni e senza che io le abbia chiesto nulla si prodiga per me ... e poi mi dice che mi porta nel suo cuore ...
questo mi fa pensare che lasciare negli altri una traccia della nostra parte migliore basterebbe a dare un senso a questa nostra strana vita.
Grazie amica mia, so che non leggerai questo messaggio ma voglio comunque dirti grazie, grazie per avermi aperto il cuore, sarà il mio "mantra" mattutino: "Lascio negli altri una traccia della mia parte migliore".