A proposito
di maestre….
Tempo
di esami, la scuola è finita, si va in vacanza.
Quand’ero
piccola e finiva la scuola cominciavo a piangere, sarò stata anomala già a quei
tempi, ma mentre le mie amichette erano felici, io piangevo. Lasciare la mia
maestra e le mia amichette per tutta l’estate mi atterriva.
Forse
anche perché a sei anni non si ha ben definito il senso del tempo, per cui il
futuro non esiste per un bambino, il domani è quello che succede oggi.
Ho avuto
delle brave maestre. Le ricordo ancora tutte.
La maestra
Giuseppina, claudicante, sottile, minuta, dolce, che mi accoglieva tutte le
mattine con un sorriso rassicurante.
In classe
mi sentivo bene, ero accolta dall’abbraccio del suo sorriso.
Mi elogiava
quando ero brava e scrivevo bene, e io mi sentivo “vista” da lei, considerata.
Volevo
fare sempre meglio per farla contenta, per meritarmi il suo apprezzamento.
Era anziana
e per questo l’anno dopo non la ritrovai.
Mi ci
volle un po’ di giorni per accettare la sua assenza e la nuova maestra, che faceva
di tutto per farsi piacere. Aveva un tono più severo e inizialmente mi incuteva
timore. Ma poi i suoi elogi iniziarono a darmi fiducia e a rassicurarmi. Le
piacevo, ero “vista” anche da lei e questo per me era importante.
Non era
prodiga di abbracci ma aveva un bel sorriso.
Era robusta,
probabilmente era anche questo che contribuiva a darle un piglio più
autorevole.
Imparai
a volerle bene.
Lei ad
abbracciarmi.
In terza
elementare cambiai scuola, perché ci trasferimmo in un’altra cittadina.
Non fu
facile ambientarmi con la nuova classe.
Ma aiutata
dal carattere espansivo e dalla simpatia, quand’ero piccola ero molto
divertente, facevo ridere tutta la classe con le mie battute di spirito… mi
ritrovai presto ad avere nuove amichette femmine.
Le
classi a quei tempi (1968/1972 ) erano divise tra femmine e maschi, per cui
avevo solo amichette femmine.
La nuova
maestra era una deliziosa donna single molto arguta e intelligente.
Si chiamava
Lucia, ricordo anche il cognome ma per la privacy non lo riporto.
Magrissima
nelle sue lunghe gonne plissettate, viso scarno su cui si stagliavano dei
grandi occhi neri intensi.
Autorevole
ma dolcissima. Pochi abbracci ma grandi sorrisi. Con lo sguardo comunicava il
suo apprezzamento o la sua disapprovazione.
Sono
stata molto amata dalle mie maestre e le ho amate tanto anche io.
Lasciavo
a casa mia madre e ne trovavo un’altra a scuola.
Mai una
volta le mie maestre hanno alzato la voce, ricordo i loro toni bassi e
rassicuranti.
“
Venite a scuola per imparare”, “ Se non vi è chiaro qualcosa alzate la mano”…
Ero sempre
la prima ad alzare la mano… volevo capire bene di cosa si stava parlando e non
ho mai pensato che alzando la mano, qualche compagna di classe potesse pensare
che non avevo capito per una qualche forma di deficienza… anzi, per me era un
vanto alzare quella mano, perché così facevo capire meglio anche a chi, per
timidezza o ritrosia, quella mano non la alzava.
La mia
maestra mi gratificava per aver chiesto spiegazioni e mai si mostrava seccata
di ripetere.
Che grande
la mia maestra!
Mi stava
insegnando a vivere e ancora non lo sapevo.
Mi stava
insegnando a chiedere per poter dare.
Mi stava
insegnando l’umiltà di guardare in faccia i miei limiti, per non avere paura di
nulla.
Le
maestre dei miei tempi, certamente avranno avuto anche loro mille problemi
privati da affrontare, ma era chiaro che li lasciavano fuori dal cancello della
scuola.
Ero
felice di andare a scuola, ricordo ancora vivamente quando la maestra mi diceva
che ero stata brava e tornavo a casa con un “ bravissima” sul quaderno o un “10”
scritto grande a metà foglio, quando poi c’era anche una croce accanto al dieci
allora correvo a casa ancora più felice.
Le maestre
sapevano che c’è bisogno di gratificare l’alunno per stimolarlo a fare meglio,
per accrescere e potenziare la sua autostima, che i primi anni di scuola per un
bambino sono fondamentali per la sua crescita interiore e per la sua crescita
intellettiva.
Le maestre
sapevano che gli alunni lasciano la propria mamma davanti al cancello della scuola
e hanno bisogno di ritrovare qualcuno che sappia riempire quel vuoto, perché per
un bambino è importante ritrovarsi con la propria emotività in un clima di
accettazione.
Le maestre
di un tempo erano delle “seconde mamme”, ed era bello affidarsi ai loro sorrisi,
ti sentivi sicuro tra quelle mura e spesso trovavi in classe una rispondenza
emotiva più fervida che altrove.
Mie care
maestre. anche se non siete più tra noi, voglio esprimere il mio grazie per
quello che mi avete donato, per la forza e la voglia di conoscenza che mi avete
inculcato, per la determinazione con cui oggi non fermo il mio sguardo davanti
a nessun orizzonte.
Grazie
Giuseppina, grazie Marialuisa e grazie Lucia!
Maria Tinto