Parliamo di Emozioni della Mente

L'autrice è una appassionata di psicologia clinica e di buon senso.....ricerca l'intelligenza come stile di vita.

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venerdì 22 luglio 2016




A proposito di maestre….

Tempo di esami, la scuola è finita, si va in vacanza.

Quand’ero piccola e finiva la scuola cominciavo a piangere, sarò stata anomala già a quei tempi, ma mentre le mie amichette erano felici, io piangevo. Lasciare la mia maestra e le mia amichette per tutta l’estate mi atterriva.

Forse anche perché a sei anni non si ha ben definito il senso del tempo, per cui il futuro non esiste per un bambino, il domani è quello che succede oggi.

Ho avuto delle brave maestre. Le ricordo ancora tutte.

La maestra Giuseppina, claudicante, sottile, minuta, dolce, che mi accoglieva tutte le mattine con un sorriso rassicurante.

In classe mi sentivo bene, ero accolta dall’abbraccio del suo sorriso.

Mi elogiava quando ero brava e scrivevo bene, e io mi sentivo “vista” da lei, considerata.

Volevo fare sempre meglio per farla contenta, per meritarmi il suo apprezzamento.

Era anziana e per questo l’anno dopo non la ritrovai.

Mi ci volle un po’ di giorni per accettare la sua assenza e la nuova maestra, che faceva di tutto per farsi piacere. Aveva un tono più severo e inizialmente mi incuteva timore. Ma poi i suoi elogi iniziarono a darmi fiducia e a rassicurarmi. Le piacevo, ero “vista” anche da lei e questo per me era importante.

Non era prodiga di abbracci ma aveva un bel sorriso.

Era robusta, probabilmente era anche questo che contribuiva a darle un piglio più autorevole.

Imparai a volerle bene.

Lei ad abbracciarmi.

In terza elementare cambiai scuola, perché ci trasferimmo in un’altra cittadina.

Non fu facile ambientarmi con la nuova classe.

Ma aiutata dal carattere espansivo e dalla simpatia, quand’ero piccola ero molto divertente, facevo ridere tutta la classe con le mie battute di spirito… mi ritrovai presto ad avere nuove amichette femmine.

Le classi a quei tempi (1968/1972 ) erano divise tra femmine e maschi, per cui avevo solo amichette femmine.

La nuova maestra era una deliziosa donna single molto arguta e intelligente.

Si chiamava Lucia, ricordo anche il cognome ma per la privacy non lo riporto.

Magrissima nelle sue lunghe gonne plissettate, viso scarno su cui si stagliavano dei grandi occhi neri intensi.

Autorevole ma dolcissima. Pochi abbracci ma grandi sorrisi. Con lo sguardo comunicava il suo apprezzamento o la sua disapprovazione.

Sono stata molto amata dalle mie maestre e le ho amate tanto anche io.

Lasciavo a casa mia madre e ne trovavo un’altra a scuola.

Mai una volta le mie maestre hanno alzato la voce, ricordo i loro toni bassi e rassicuranti.

“ Venite a scuola per imparare”, “ Se non vi è chiaro qualcosa alzate la mano”…

Ero sempre la prima ad alzare la mano… volevo capire bene di cosa si stava parlando e non ho mai pensato che alzando la mano, qualche compagna di classe potesse pensare che non avevo capito per una qualche forma di deficienza… anzi, per me era un vanto alzare quella mano, perché così facevo capire meglio anche a chi, per timidezza o ritrosia, quella mano non la alzava.

La mia maestra mi gratificava per aver chiesto spiegazioni e mai si mostrava seccata di ripetere.

Che grande la mia maestra!

Mi stava insegnando a vivere e ancora non lo sapevo.

Mi stava insegnando a chiedere per poter dare.

Mi stava insegnando l’umiltà di guardare in faccia i miei limiti, per non avere paura di nulla.

Le maestre dei miei tempi, certamente avranno avuto anche loro mille problemi privati da affrontare, ma era chiaro che li lasciavano fuori dal cancello della scuola.

Ero felice di andare a scuola, ricordo ancora vivamente quando la maestra mi diceva che ero stata brava e tornavo a casa con un “ bravissima” sul quaderno o un “10” scritto grande a metà foglio, quando poi c’era anche una croce accanto al dieci allora correvo a casa ancora più felice.

Le maestre sapevano che c’è bisogno di gratificare l’alunno per stimolarlo a fare meglio, per accrescere e potenziare la sua autostima, che i primi anni di scuola per un bambino sono fondamentali per la sua crescita interiore e per la sua crescita intellettiva.

Le maestre sapevano che gli alunni lasciano la propria mamma davanti al cancello della scuola e hanno bisogno di ritrovare qualcuno che sappia riempire quel vuoto, perché per un bambino è importante ritrovarsi con la propria emotività in un clima di accettazione.

Le maestre di un tempo erano delle “seconde mamme”, ed era bello affidarsi ai loro sorrisi, ti sentivi sicuro tra quelle mura e spesso trovavi in classe una rispondenza emotiva più fervida che altrove.

Mie care maestre. anche se non siete più tra noi, voglio esprimere il mio grazie per quello che mi avete donato, per la forza e la voglia di conoscenza che mi avete inculcato, per la determinazione con cui oggi non fermo il mio sguardo davanti a nessun orizzonte.

Grazie Giuseppina, grazie Marialuisa e grazie Lucia!
Maria Tinto

lunedì 18 luglio 2016

CHI SONO GLI UOMINI CHE HANNO PAURA DELLE DONNE





CHI SONO GLI UOMINI CHE HANNO PAURA DELLE DONNE

“Non si faceva mettere i piedi in testa”, “ Era una donna forte e di temperamento”, “Era una persona di carattere”, “ Una donna decisa”, “Una donna forte”, “Se aveva qualcosa da dire non se la teneva”…

Così viene descritta la donna uccisa a martellate dal marito la mattina di due giorni fa.

Un articolo di poche battute, quasi tutte a sottolineare il carattere della donna, come se essere forte e di carattere fosse il presupposto per essere ammazzata.

Una “colpa” da espiare con la morte.

Mentre lui, il marito che dopo averla colpita a martellate, come un animale nei più spietati macelli del mondo, la strangola, per essere sicuro di averne eliminato il benché minimo anelito di vita, viene descritto come “Tutto tremante” e ancora, “Disperato e tremante”…

Un piccolo uomo disperato e tremante, ma per cosa?... per la  paura ?…  e di chi o cosa se è lui il carnefice!  

Un poverino che tutto scosso va a costituirsi.

Disperato e tremante?... Ma come si fa a descrivere un essere del genere come un poverino disperato e tremante, quasi a volerne sottolineare la debolezza, la fragilità,  di fronte al “carattere forte” della moglie appena ammazzata a martellate, e quindi?... LO GIUSTIFICHIAMO?... Perché è scosso e tremante?... Perché è un debole? …

Lui debole e lei forte, lui le fracassa il cranio a martellate, per massacrare  la forza di carattere di lei, ma poi ha paura… è tremante, scosso, disperato.

Che si fa allora ? … Si ammazzano le donne forti e di carattere’… Perché non se ne può più della loro voce, del loro temperamento, della loro forza interiore, del loro coraggio di vivere, della loro bravura, della loro resilienza …

Ma come si fa a scrivere un articolo del genere mi domando, anche se non si ha coscienza e conoscenza, lo trovo inammissibile e preoccupante.

Come ci volete ?... femmine remissive e ubbidienti? … Che non alzano la voce quando hanno qualcosa da dire.

Femmine  silenziose , dolci , sottomesse, tolleranti?...

Che si fanno mettere i piedi in testa, che sanno stare al loro posto…  Ci volete puttane e sottoposte? …

Stupide quando vi serve  ? …

Corpi da utilizzare ?...

Come ci volete? … Leggere e divertenti, disinibite e sgualdrine?... O sguattere e devote?...

Una donna può essere tutto questo, una donna può avere mille volti ed è questo che a voi fa paura.

I volti delle donne fanno paura agli uomini che non accettano il loro limite.

L’articolo non mi è piaciuto per niente, perché le parole hanno un potere immenso, e chi scrive questo lo sa bene.

Questo tipo di comunicazione la detesto,  è il modo di scrivere che dà giudizi , che orienta, che emette sentenze, che fa processi, che assolve e condanna prima delle aule dei tribunali.

Lo sanno bene i colleghi giornalisti maschi che scrivono del femminicidio come di un qualsiasi omicidio, senza tener conto della matrice culturale e discriminante che connota questi delitti.

Il femminicidio è un crimine contro l’umanità, un genocidio di genere e dovrebbe essere trattato come tale.

Gli uomini hanno paura di noi donne e per questo non dobbiamo né possiamo permettere che questo scempio continui ad eliminarci sommessamente.

C’è bisogno di una rifondazione della relazione di coppia.

Di un nuovo modo di stare nella coppia.

Non basta aver raggiunto posizioni sociali, un tempo appannaggio degli uomini, per aver uguale posto a tavola, abbiamo bisogno di crederci prima noi di non essere seconde all’uomo che ci sta accanto.

Se la società non fa abbastanza per proteggerci, dobbiamo imparare a fare da sole, innanzitutto rispettando le donne, noi stesse, non lasciarci mai sole e allontanando gli uomini che non ci meritano.

Chi è quest’uomo che si è sentito schiacciato dalla personalità di sua moglie al punto da eliminarla a martellate?...

“Non posso competere con te e quindi ti ammazzo!”.

Sarà stato questo il suo pensiero prima di sferrarle il primo colpo sul cranio?...

Maturava da tempo di “eliminarla” dalla sua vita e da quella del mondo?...

Un uomo professionalmente in crisi?...

Un uomo impotente di fronte alle avversità della vita?...

A me non interessa chi è quest’uomo o cosa pensasse un minuto prima di massacrare sua moglie, mi interessa solo il fatto che un’altra donna è stata assassinata da un uomo, un uomo che ancora una volta si è arrogato il diritto di cancellare una vita umana, la vita di una donna, in nome dell’arroganza e della prepotenza che contraddistingue il genere maschile.

 

Maria Tinto